Tatuaggi e lavoro sono davvero due pianeti agli antipodi della galassia? Che i tatuaggi siano sempre più diffusi all’interno di tutte le fasce della popolazione italiana è più che evidente e al giorno d’oggi un tatuaggio non dovrebbe più poter venire in alcun modo associato a concetti ritenuti storicamente “asociali” quali “trasgressione” o addirittura “violenza”. Sono sempre di più infatti le persone perfettamente inserite nei più disparati strati del tessuto nazionale che scelgono di imprimere sulla propria pelle una data, un testo o un disegno particolarmente caro. Eppure resta l’impressione che, specie all’interno di determinati ambienti, tatuaggi e lavoro non vadano proprio d’amore e d’accordo. Ma sarà davvero così? Proviamo a scoprirlo insieme.
La normativa
Ovviamente tanto nella normativa italiana quanto in quella europea non esiste nessun articolo che parli di divieto di avere tatuaggi. Gli unici cittadini che sono tenuti a comunicare i tatuaggi presenti sul proprio corpo sono quelli intenzionati a fare parte delle forze dell’ordine: i vari corpi di polizia e/o dell’esercito sono infatti molto attenti da questo punto di vista, ma tendono ad impedire l’accesso esclusivamente a chi presenti tatuaggi che comunicano messaggi considerati offensivi e di conseguenza non idonei (quindi particolarmente violenti, razzisti, osceni o in linea generale visibilmente di cattivo gusto). Un concetto espresso molto chiaramente nel bando dell’esercito italiano (consultabile in maniera integrale cliccando QUI):
“In sede di visita medica generale le commissioni per gli accertamenti psico-fisici e attitudinali giudicheranno inidonei i candidati che presentino tatuaggi quando, per la loro sede, siano contrari al decoro dell’uniforme (e quindi visibili con l’uniforme di servizio estiva, le cui caratteristiche sono visualizzabili qui) ovvero, se posti nelle zone coperte dall’uniforme, risultino, per contenuto, di discredito alle istituzioni”.
Allo stesso tempo difficilmente permettono l’accesso a persone che mostrino tatuaggi e/o piercing visibili al di fuori delle zone coperte dall’uniforme, per una questione tanto di decoro (un disegno innocuo in Italia può venire considerato in maniera totalmente diverse in un altro paese del mondo) quanto di identificazione: chi è in missione non deve potere venire riconosciuto in base a simboli sulla propria pelle.
Tatuaggi e lavoro: la dura verità
Nonostante i presupposti di cui sopra, è altrettanto evidente come un certo tipo di tatuaggi finisca per discriminare alcune persone nel mondo del lavoro. A tal proposito il The Economist ha svolto un’interessante analisi del problema evidenziando come persista una specie di pregiudizio “sociale e non individuale” che continua a spingere molte persone, più o meno consapevolmente, ad associare un tatuaggio a presunti atteggiamenti di ribellione che possono preoccupare.
Tatuaggi e lavoro non sembrano andare a braccetto e un interessante studio del professore dell’Università scozzese di St. Andrews Andrew Timming porta ulteriori conferme. Il suo team ha spinto alcuni responsabili delle assunzioni a valutare candidati a cui era stato applicato un finto tatuaggio sul collo e, a parità di curriculum, tutti i “tatuati” si sono classificati ai posti più bassi del ranking.
Ovviamente si tratta di un dibattito recentissimo ed ancora in corso e, qualora vogliate farvi un’opinione più approfondita, la rete offre moltissimi punto di vista. Di seguito un video che prova ad inquadrare la questione:
Ci sono tatuaggi e tatuaggi, ci sono lavori e lavori
Un ulteriore aspetto da considerare: disegni e simboli ritenuti generalmente più “poetici” e/o “romantici” (si va dai fiori alle farfalle) vengono accettati molto più facilmente di disegni direttamente associabili a sentimenti negativi (come teschi, fiamme ecc.). Allo stesso modo, stando a Jerome Koch (sociologo della Texas Tech Universiti) l’associazione a comportamenti devianti è più forte quando “i tatuaggi sono grandi o ce ne sono diversi”. E se pensate che in Italia le cose vadano diversamente, date un’occhiata alle sconcertanti dichiarazioni a tema tatuaggi del capo del personale di una nota società finanziaria di Milano rilasciate al Corriere della sera:
“Se fai il colloquio per un posto da dj va bene, ma visto che la nostra è un’azienda seria, con un’etichetta da rispettare, sarò costretto a inventare una scusa per non assumerti, anche se il curriculum è uno dei migliori”.
La buona notizia è che questo tipo di pregiudizio sia legato principalmente ad alcuni ambienti lavorativi. Dalle analisi di cui sopra è infatti emerso come in determinati settori ritenuti più giovanili (e/o in cui sia previsto un maggiore contatto con una clientela giovane) la presenza di tatuaggi sia assolutamente meno incisiva.
Tatuaggi e lavoro: qualche suggerimento
Dovendo tirare le somme, la situazione continua ad essere quella che è e quindi, qualora abbiate ambizioni professionali diciamo “classiche”, ci permettiamo di dare qualche suggerimento in modo che, in sede di colloquio, vi possiate giocare al meglio le vostre possibilità.
- Evitate tatuaggi in zone del corpo estremamente visibili. Soprattutto mani, collo, volto e testa sono praticamente impossibili da coprire.
- Coprite i tatuaggi preesistenti. Nonostante il caldo, indossare una camicia e coprire un tatuaggio sull’avambraccio può portarvi ad avere più chance di assunzione.060
- C’è sempre il trucco. A mali estremi estremi rimedi: CLICCATE QUI per la nostra guida per coprire il più estremo dei tatuaggi con del semplice makeup!