Se fino a qualche anno fa i piercing trovavano il loro posto su parti determinate del corpo umano (orecchio, ombelico, capezzolo, lingua, naso), oggi non è più così e ci capita di vedere sempre più spesso per strada, in un negozio, a lavoro, o in qualsiasi altro luogo pubblico, persone che sfoggiano “orecchini” su tutto il corpo anche nelle parti più impensabili. È infatti questo il caso del piercing allo scroto che – evidentemente – non può essere visto a primo impatto ma solo a seguito di un rapporto molto intimo e ravvicinato con l’uomo che ha deciso di farlo. Moda? No, passione.
Sì, in effetti, chi sceglie parti del corpo più sensibili e nascoste per tatuaggi o per piercing non lo fa per seguire una moda o per mostrarsi agli altri, ma ragiona un po’ come un collezionista privato di opere d’arte che acquista all’asta tele, sculture e oggetti preziosi per goderne senza essere soggetto a sguardi indiscreti di terzi.
Se da un lato il piercing allo scroto suscita non poca curiosità, dall’altro può scaturire reazioni estreme essendo i genitali una parte del corpo umano sensibilissima. Procediamo comunque per ordine.
Quando nasce il piercing allo scroto?
Giocare con le parti intime maschili, arricchendole di tatuaggi o – appunto – con piercing, non è poi così recente, ma affonda le sue origini nelle regioni africane, tra gli arabi, negli indigeni polinesiani, australiani e dell’Amazzonia, dove era praticato per sottolineare un passaggio di vita importante, un rito d’iniziazione o l’importanza del maschio alfa all’interno della comunità.
Cos’è?
Il piercing allo scroto si pratica realizzando un foretto tra uno dei due testicoli e le base del pene. Contrariamente a quanto si possa ritenere generalmente, questo tipo di piercing non comporta dolore più di altri, e non è affatto raro che si possano trovare piercing multipli sullo scroto. Inoltre, va sottolineato che, se pure il dolore sia minimo, il piercing allo scroto deve essere realizzato con il massimo dell’attenzione, della prevenzione, dell’igiene e della cura soprattutto nel corso dei giorni successivi quando la zona interessata dall’ “operazione” sarà in piena guarigione.
Quali le controindicazioni?
Possibili infezioni, arrossamenti della pelle, gonfiori e allergie. Proprio per questo chi desidera vantare un piercing nelle parti intime del proprio corpo deve sapersi affidare a piercer esperti, che abbiano padronanza non solo con gli strumenti propri della professione, ma altresì una certa conoscenza dell’anatomia umana, perlomeno in merito allo scroto, al pene e ai testicoli. Tuttavia, nel caso di complicazioni è sempre consigliabile rivolgersi a un medico di fiducia.
Piercing più comuni?
Prince Albert. Così chiamato poiché si tramanda che in piena epoca vittoriana il principe Alberto avesse un anello infilato sulla punta del pene per tenere indietro il prepuzio e poter dunque provvedere ad una maggiore igene personale per non offendere la regina. Si tratta del piercing meno doloroso e che prevede una rimarginazione della zona molto rapida; viene praticato forando la base della punta del pene dall’uretra e applicando poi un anello parallelo alla linea del pene.
Frenum. Piercing di origine europea con doppia valenza: da un lato aveva lo scopo di accrescere negli uomini l’eccitazione in un rapporto sessuale, dall’altro poteva essere utilizzato per prevenire i rapporti sessuali infilando un piccolo lucchetto nel foro evitando così possibili adulteri. Si fora la pelle del frenulo, sotto la base del pene. Si può applicare una barretta o un anello che attraversando il foro va ad abbracciare la punta del pene. Questo è un piercing molto popolare e soddisfacente, e richiede una procedura e una guarigione semplice e rapida.
Dydoes. Piercing di recente origine che può essere applicato solo a persone circoncise. Si realizza forando la pelle del bordo del glande e applicando una barretta. Normalmente si usano in coppia.