Ormai di tatuaggi siamo tutti più o meno esperti. Conosciamo approssimativamente la modalità con la quale un disegno resterà per sempre impresso sulla nostra pelle, capiamo senza molti sforzi quali possano essere le zone meno dolorose e quali evitare per non sentire troppo dolore, e sappiamo di poter scegliere qualunque immagine che ci venga in mente perché non ci sono limiti. Ma ci siamo mai chiesti quando e dove è nato il tatuaggio?
L’origine
La parola tatuaggio deriva dall’onomatopea tau-tau che riprendeva appunto il rumore del pezzetto di legno usato per picchiettare l’ago sulla pelle (si…prima l’ago era una specie di chiodo!). La prima volta che la parola tatuaggio è stata usata si deve al Capitano inglese James Cook, che nel 1769 arrivò a Tahiti e vide che la popolazione locale decorava la pelle con questi “tattow”. Sappiamo inoltre che in popolazioni che vivono in tribù molto tradizionali, come i Maori e le tribù di Iban, i tatuaggi sono sempre stati considerati un simbolo rappresentativo, sia per la persona (distingueva i guerrieri dai nobili), sia per l’appartenenza alla tribù o una particolare classe sociale. Definire dunque con esattezza una data di origine per i tatuaggi è impossibile, ma sappiamo con sicurezza che si tratta di una tradizione molto antica e che dalle descrizioni del Capitano Cook è diventata una tradizione anche occidentale.
Le prime testimonianze
Il primo uomo tatuato è stato ritrovato nel 1991 sulle Alpi Otzalet dopo circa 5300 anni di ibernazione! Otzi, com’è stato chiamato, aveva sul corpo dei veri e propri tatuaggi, ottenuti con la polvere di carbone all’interno di incisioni verticali della pelle. Altri ritrovamenti risalgono invece all’antico Egitto, quando già nel 2000 a.C. venivano tatuate le danzatrici. Non dimentichiamo poi i primi tatuaggi dei Celti i quali, adorando divinità a sembianze di animali, e iniziarono a tatuarsi i loro simboli come segno di preghiera e venerazione. Per i Romani invece la pelle doveva essere pura e quindi il tatuaggio era vietato, anzi veniva utilizzato per marchiare gli schiavi o per rendere più “scenografico” il corpo dei gladiatori. E ci sono poi tutte le tradizioni del Giappone, e dell’Oriente, o ancora i Crociati che prima di partire per una spedizione santa si tatuavano il simbolo della croce.
L’evoluzione
Dalle prime cicatrici colorate di nero ai tatuaggi attuali di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e per rispondere alle sempre più numerose ed esigenti richieste di tatuaggi si sono evolute ed affinate anche le tecniche. Ovviamente, al di là delle tradizioni di ogni singola tribù, si è cercato con il tempo di dare ampio spazio al significato del tatuaggio e quindi a ogni simbolo si è attribuito un valore e un’espressione speciale, per renderlo unico e riconoscibile.
I tatuaggi più belli
Se cercassimo questa definizione su Google uscirebbero tantissime immagini, tutte diverse tra di loro, a dimostrazione che non si può pensare di identificare una categoria di tatuaggi belli. Definire un brutto tatuaggio è forse più semplice, perché è facile riconoscere un disegno fatto male o un simbolo inopportuno, ma essenzialmente questo dipende dalla bravura del nostro tatuatore. Messo per inciso che la scelta del tatuaggio è sempre in secondo piano rispetto allo studio di tattoo al quale bisogna rivolgersi, perché a questo affidiamo la nostra pelle che potrebbe pagarne le conseguenze, cosa o chi stabilisce se un tatuaggio è bello o meno? Sicuramente bisogna ricordare che il tatuaggio è una forma di arte e in quanto tale vanno premiati quei disegni particolarmente realistici e curati in maniera minuziosa, e quei tatuaggi che stanno in armonia con il corpo della persona, per grandezza, forma e colore, quasi come delle fotografie perfette sulla pelle.