Femminismo. Siamo sicuri di sapere bene cosa significa questo termine o siamo ancora legati alla convinzione che sia una lotta fra il sesso maschile e quello femminile? Nulla di tutto ciò. Il femminismo è un movimento culturale che nasce in piena Rivoluzione Francese e che vede schierate molte donne contro la disuguaglianza e le differenze di genere. La vera svolta, però, si ha in Gran Bretagna nel 1875 quando, per la prima volta, il diritto di voto comprende anche il genere femminile. Ma la strada verso l’uguaglianza è ancora molto lunga e piena di ostacoli, le lotte sono in corso ancora oggi e c’è molta più discriminazione sessista di quel che si pensa; anche in Italia. Prima che il mondo riconosca i pieni diritti alle donne il movimento femminista avrà ancora molte lotte da portare a termine.
Le tre fasi del movimento femminista
Fase 1: Suffragette e diritti politici
La prima ondata di femministe pronte a combattere per i propri diritti le troviamo in Inghilterra. Lo scopo principale delle famose suffragette era di ottenere il diritto al voto e la partecipazione alla vita politica. Le donne dell’epoca, considerate unicamente come casalinghe e madri, avevano il compito di crescere i figli e mantenere pulita la casa. La loro vita era tutta concentrata nelle mura domestiche, qualunque cosa al di fuori riguardava unicamente gli uomini. Il secondo scopo che contraddistingueva le suffragette era di ottenere la parità tra uomini e donne del diritto di famiglia. Solo nel 1918 vedono riconosciuto il diritto di voto. Altra storia riguarda l’Italia dove non esisteva un vero e proprio movimento femminista riconosciuto ma solo alcune organizzazioni di donne che condividevano gli ideali delle suffragette inglesi. Tuttavia, purtroppo, il diritto al voto vede come protagoniste anche le donne italiane solamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Fase 2: 1960
La seconda ondata parte dagli U.S.A e vede le donne schierate per ottenere altri diritti. I temi centrali sono la violenza domestica, l’aborto, la sessualità e non meno importante la parità dei diritti sul lavoro. Nel 1960 il mondo stava cambiando, il dopoguerra aveva portato molte mogli a dover lavorare nelle fabbriche in assenza dei mariti e il boom economico scatenato dalla vittoria stava disgregando le strutture sociali esistenti. In Italia, per la prima vera volta, si forma un movimento femminista riconosciuto, e le donne scendono in piazza per ottenere l’aborto, il divorzio e la modernizzazione del diritto di famiglia.
Fase 3: Anni ’90- oggi
Negli anni ’90, quando in teoria i diritti delle donne erano pienamente riconosciuti e uguali a quelli maschili, si crea una nuova ondata di lotte femministe. Le disparità ci sono ancora e non bastano delle leggi per modificare il pensiero comune. Ancora oggi si affrontano tematiche simili, a distanza di più di 20 anni. Fare carriera per una donna è più difficile, a parità di stesse mansioni il salario è più basso, il corpo femminile viene spesso sfruttato, le differenze fra uomo e donna sono ancora notevoli. Oggi esistono nuovi movimenti femministi che un tempo sarebbero stati impensabili, le donne islamiche lottano per i propri diritti in paesi dove la vittoria sembra ancora molto lontana. Ne è un esempio il caso di Taraneh Alidoosti, attrice iraniana nel mirino delle critiche per un tatuaggi femminista “scappato” da una manica durante una conferenza stampa.
Tatuaggi femministi
Il movimento femminista passa anche attraverso i tatuaggi. Sono molte le donne che decidono di possederne uno e che lo sfoggiano con orgoglio in ricordo di tante donne che hanno lottato per i loro ideali e che non si sono mai arrese. Grazie a queste donne coraggiose è stato possibile arrivare al punto in cui siamo adesso, ottenere preziosi diritti e fare da esempio a chi ancora non li possiede. La lotta sarà lunga e difficile ma si spera che, prima o poi, in ogni parte del mondo, le donne possano vivere una vita serena con gli stessi diritti degli uomini.
Un’ultima cosa importante: non è necessario essere una donna per essere femminista, è importante ricordare che molti uomini, per quanto non vivano la battaglia sulla loro pelle, credono negli stessi ideali e hanno le stesse convinzioni.